giovedì 23 agosto 2018

Alimenti e infiammazione: i cibi che contribuiscono a creare uno stato di alterazione causa di molte malattie?

L’indice infiammatorio degli alimenti è un concetto poco conosciuto dalla maggior parte dei consumatori, anche se trova uno spazio rilevante nell’ambito medico nutrizinale.
Il blogger Günther Karl Fuchs autore di Papille Vagabonde in questo articolo spiega qual'è la relazione tra il cibo ingerito e lo stato di infiammazione che si può  generare nell’organismo.

Che cos’è l’indice di infiammazione degli alimenti? E a chi serve?
Attualmente è un indice utilizzato più negli studi medico-scientifici che nella quotidianità.
L’infiammazione è associata a una serie di condizioni di salute croniche, come il cancro e le malattie cardiovascolari, quindi ridurla può aiutare a prevenire o, in certi casi, trattare queste patologie.
Diversi studi indicano che l’alimentazione può contribuire a modulare l’infiammazione.
La ricerca negli ultimi anni ha dimostrato che ci sono alimenti in grado di stimolare uno stato infiammatorio, e altri che possono contribuire a ridurlo.

L’infiammazione è una risposta difensiva dell’organismo ad attacchi esterni, una normale reazione del  sistema immunitario.
Il problema sorge quando la situazione dura a lungo e si cronicizza nel tempo.
Quando accade si parla di infiammazione cronica sistemica di basso grado (chronic low-grade inflamation), una condizione che può stimolare l’invecchiamento cellulare e favorire, secondo i ricercatori, lo sviluppo di patologie degenerative come le malattie cardiovascolari, l’artrite reumatoide, il diabete e l’Alzheimer.
Per questa ragione i nutrizionisti invitano a seguire un’alimentazione ricca di cibi antinfiammatori e con meno cibi pro-infiammatori.

L’indice si calcola in base all’impatto della proteina C reattiva, una proteina misurabile nel sangue prodotta dal fegato, che funge da marker biologico stabile per la rilevazione dell’infiammazione in una fase precoce.
Non è la prima volta che si sente parlare della proteina C reattiva (PCR), in quanto si tratta di un esame del sangue che può essere prescritto quando c’è il sospetto di un infezione batterica, una meningite, cancro, ma anche una malattia infiammatoria intestinale, autoimmune, l’artrite reumatoide, un’artrite cronica o il morbo di Chron.

Una volta valutata la reazione dell’alimento alla proteina C reattiva, i cibi vengono suddivisi in 3 categorie: pro-infiammatori, antinfiammatori o neutri.
Non è escluso che in futuro questa classificazione possa  diventare un indice più noto al pubblico, in virtù dell’eccessivo aumento delle patologie legate all’infiammazione.

Gli alimenti pro-infiammatori sono quelli che per le loro caratteristiche hanno la possibilità di peggiorare lo stato d’infiammazione.
In genere si tratta di alimenti industriali molto elaborati che contengono tra gli ingredienti oltre a grassi saturi e colesterolo, anche additivi, coloranti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità:

    Dolci e merendine industriali
    Dadi da brodo
    Zuppe pronte
    Sughi pronti
    Carni elaborate
    Salumi (per il contenuto di grassi saturi e colesterolo)
    Würstel
    Filetti di pollo e pesce impanati
    Alcol
    Patate e chips*

Gli alimenti che riducono lo stato infiammatorio, in genere sono quelli con molte fibre e alcuni micronutrienti contenuti in frutta e verdura. Nell’elenco troviamo:

    Cereali in particolare quelli integrali, oltre al grano il riso, avena, orzo, farro, segale, grano saraceno, miglio.
    Olio extravergine d’oliva (per il contenuto di grassi monoinsaturi, vitamina E e polifenoli)
    Cipolle
    Mele
    Semi di lino e di zucca
    Mandorle e noci
    Frutti di bosco
    Curcuma e zenzero
    Ananas

All’interno di un’alimentazione equilibrata può essere utile prediligere alimenti antinfiammatori, con un indice d’infiammazione basso, in particolare per le persone a cui sono state già diagnosticate o quando c’è il rischio di sviluppare patologie autoimmuni, malattie cardiovascolari e malattie degenerative.

Sebbene l’indice infiammatorio degli alimenti possa rappresentare per molti una novità, la teoria non aggiunge nulla alle conoscenze già note.
L’invito è sempre quello di consumare più cereali, meglio se integrali, prediligere l’olio d’oliva extravergine, mangiare cinque porzioni di frutta e verdura fresca al giorno, l’utilità del consumo, anche se moderato, di frutta secca (mandorle, noci) e la limitazione di tutti gli alimenti industriali elaborati ricchi di sale, grassi saturi, zucchero, additivi ed esaltatori di sapidità.

(*) Nota:

Ha destato molta perplessità l’inserimento da parte dei ricercatori  nella lista degli alimenti infiammatori delle patate, che va ricordato però hanno un alto indice glicemico (come zucchero e farina 00).
È nota la relazione tra un alimentazione ad alto indice glicemico e alto indice infiammatorio, anche se l’indice glicemico delle patate varia per esempio in quelle al forno da 56 a 111, se bollite da 56 a 101.

È necessario tenere presente che le patate richiamano anche una certa quantità di grassi come condimento nella cucina tradizionale e anche frequenza di consumo e quantità.
I ricercatori non invitano a eliminare, ma a ridurre il consumo.
Non bisogna concentrarsi su un alimento specifico ma sull’alimentazione in generale, che oggi è particolarmente ricca di alimenti già pronti. Ridurre anche solo in parte quelli sarebbe un ottimo traguardo, al di là della patata.