martedì 20 agosto 2013

Esagerare con il pesce grasso può far male al cuore

Dalla rubrica Salute - Corriere della Sera (vedi articolo originale)


Il pesce fa bene al cuore, su questo ci sono ormai ben pochi dubbi.

Eppure se si esagera e se ne mangia troppo anche salmone e compagnia possono far male, aumentando il rischio di aritmie gravi come la fibrillazione atriale.

Lo dimostra una ricerca danese presentata a EHRA EUROPACE 2013, secondo cui l'ideale sarebbe un apporto “medio” dei preziosi acidi grassi omega-3 del pesce: introdurne troppi o troppo pochi è ugualmente dannoso per la funzionalità del cuore.

STUDIO – I dati sono stati raccolti da Thomas Rix dell'ospedale universitario danese di Aalborg su oltre 57mila persone dai 50 ai 64 anni che facevano parte del Danish Diet, Cancer and Health Study, un'indagine nata per indagare il ruolo della dieta nello sviluppo dei tumori.

Attraverso questionari si sono raccolte informazioni precise sull'alimentazione dei partecipanti, ricostruendo il consumo di pesce e da questo l'introito quotidiano medio di acidi grassi omega-3; tutti sono stati poi seguiti per oltre 13 anni registrando i casi di fibrillazione atriale occorsi nel frattempo, poco meno di 3500 nell'arco del periodo di osservazione.

Quindi, si sono confrontate le diete di chi si era ammalato e degli altri, scoprendo che rispetto a chi non mangiava mai o pochissimo pesce (da zero a 0,38 grammi al giorno di omega-3) chi lo consumava in quantità moderate (da 0.39 a 0.53 grammi o da 0.54 a 0.73 grammi al giorno) aveva un rischio di fibrillazione atriale dal 9 al 13 per cento inferiore.

All'aumentare degli omega-3, però, non si è visto un progressivo ridursi del pericolo di aritmie, anzi: i partecipanti con un consumo elevato (oltre 0.73 ma entro 0.99 grammi al giorno) avevano un rischio ridotto di appena il 4 per cento, quelli che mangiavano moltissimo pesce (oltre 1 grammo al giorno di omega-3) avevano addirittura una probabilità di aritmie del 3 per cento superiore a chi non lo consumava mai o pochissimo.

PESCE – La «dose» di pesce che garantisce il minimo rischio è quella che apporta circa 0.63 grammi di omega-3 al giorno, ovvero circa due porzioni a settimana di pesci ricchi di grassi “buoni” come salmone, acciughe, sgombri e simili.

«La riduzione del 13 per cento del rischio di aritmia con questi livelli di consumo si può spiegare con effetti diretti antiaritmici degli omega-3, a cui si aggiungono proprietà antinfiammatorie e di riduzione del pericolo di ischemia cardiaca che contribuiscono alla salute del cuore – osserva Rix –. Questo dato conferma osservazioni precedenti secondo cui mangiare pesce da una a quattro volte a settimana riduce di quasi un terzo il pericolo di fibrillazione atriale rispetto a consumarlo meno di una volta al mese.

Più difficile spiegare i meccanismi biologici connessi all'incremento del rischio di aritmia in chi mangia molto pesce, invece: possiamo solo supporre che il bilancio fra gli effetti di inibizione o al contrario di promozione della fibrillazione atriale si modifichi in base alle altre patologie eventualmente presenti, ma non abbiamo idea del motivo reale.

Saranno necessari ulteriori ricerche per capire perché troppi omega-3 possano essere deleteri; tuttavia, questi dati potrebbero spiegare perché l'uso di questi composti per la prevenzione delle patologie cardiovascolari abbia dato risultati contraddittori, in passato».