sabato 4 maggio 2013

Crescono le allergie alimentari e cutanee nei bambini

Tratto da Repubblica Salute

Uno studio degli statunitensi "Centers for Disease Control and Prevention (CDC)", che ha comparato le risposte date da genitori nei periodi 1997-1999 e 2009-2011, lancia l’allarme sulle allergie alimentari e cutanee nei bambini, che starebbero aumentando rapidamente.
È bene sottolineare però che i ricercatori non hanno avuto modo di verificare se si trattasse di un'opinione personale o di una diagnosi medica e non hanno avuto accesso ai dati clinici dei bambini. Se i dati raccolti venissero confermati da indagini più approfondite, il fenomeno sarebbe allarmante.

MA È VERA ALLERGIA? - Con un incremento del 50 per cento rispetto alla fine degli anni '90, oggi negli Usa un bambino su 20 soffrirebbe di allergie alimentari e uno su 8 di allergie cutanee come la dermatite atopica e l'eczema.
Non sono stati invece registrati significativi aumenti delle patologie respiratorie allergiche, come la rinite allergica (comunemente chiamata raffreddore da fieno), ritenuta spesso un sintomo predittivo dell'asma nell'età adulta.
Il sospetto è che l'incremento di queste patologie sia dovuto al fatto che i bambini, vivendo in case sempre più pulite, siano diventati più sensibili agli allergeni o che i genitori pongano oggi maggiore (forse persino troppa) attenzione a qualunque reazione cutanea dei propri figli e siano facilmente, e spesso erroneamente, portati a parlare di allergia.
«Non abbiamo una risposta» è la laconica dichiarazione di Lara Akinbami, a capo del team che ha condotto lo studio.
Ma se da un lato è certo che esiste un aumento delle allergie, anche se è decisamente difficile quantificarlo e spiegarlo, dall’altro lato è altrettanto vero che esiste anche una psicosi da allergie.
Come ha sottolineato Morton Galina, allergologo pediatrico dell'Atlanta's Emory School of Medicine, «visitiamo spesso bambini che non sono affatto allergici all'alimento indicato dai loro genitori».
Per esempio, spesso la comparsa dell'orticaria viene erroneamente attribuita al cibo, quando la causa è più semplicemente un virus.

QUALI SPIEGAZIONI? - L'abuso di disinfettanti e antibiotici nelle case americane rovescia la teoria secondo la quale l'esposizione a microbi e batteri a partire dalla prima infanzia abbia un certo effetto preventivo sullo sviluppo delle allergie.
A sostegno di questa teoria vi è un dato raccolto da altre ricerche che sostengono che i bambini che vivono negli Stati Uniti, ma sono nati all'estero (dove è generalmente minore l’impiego di disinfettanti) da genitori stranieri, hanno tassi molto più bassi di allergie cutanee e alimentari.
Un'altra ipotesi riguarda le grandi aree urbane, dove i casi di allergia infantile sono decisamente più numerosi: gli inquinanti dispersi nell'aria metropolitana potrebbero essere i veri responsabili dell'insorgere delle patologie allergiche.
Inoltre vengono guardate con sospetto anche le nuove tecniche di coltivazione e l'allevamento del bestiame, come l'ibridazione del frumento e la somministrazione di antibiotici ai bovini.
Infine, persino la medicina ha dovuto rivedere quello che era considerato praticamente un dogma: per molto tempo, infatti, è stato consigliato alle famiglie con storie di eczema o allergie alimentari di avvicinare il più tardi possibile i propri figli ad alimenti potenzialmente pericolosi come noccioline, latte e uova.
Negli ultimi anni è stata invece invertita completamente la rotta, poiché ci si è accorti che il ritardo nell'assaggio dei cibi era una probabile causa di allergia.
È bene ricordare che l'allergia alimentare è una patologia decisamente rischiosa che in taluni casi può comportare choc anafilattico e addirittura la morte in chi ne soffre, se inavvertitamente o inconsapevolmente consuma alimenti non indicati.

ALLERGIE POVERE E RICCHE - Nel corso della ricerca sono emerse significative indicazioni che mettono in relazione la classe sociale e le patologie allergiche.
I bimbi nati in famiglie ad alto reddito soffrono maggiormente di allergie respiratorie e alimentari rispetto ai loro coetanei meno abbienti, a loro volta più colpiti da quelle cutanee.
Infine esiste anche una chiara indicazione etnica: il 17 per cento dei bambini afro-americani ha problemi dermatologici, contro il 12 per cento dei bianchi e il 10 degli ispanici.

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